L’aeroporto: uno dei miei non-luoghi preferiti.
Non so se sia perché il mio ragazzo lavora in aviazione o perché in fondo in fondo il volo resta sempre la grande sfida dell’Uomo…
Gli utenti di un aeroporto si dividono in 2 categorie ben distinte: i lavoratori e i vacanzieri. Che ovviamente si odiano reciprocamente, di quell’odio immotivato e irrazionale.
Sono 2 prototipi di antagonisti,con tanto di divise per differenziarsi:
– il business man, con abito grigio topo, cravatta e valigetta 24 ore del peso di 15 kg,in cui ha stipato computer,caricabatterie di ogni genere e quintali di documenti (col buon proposito di leggere in un’ora di volo tutto quello che non ha mai nemmeno sfogliato in un mese di lavoro)
– il vacanziero, già in infradito all’aeroporto,stracarico di borsoni,zaini e borsette chiaramente contraddicono ad ogni regola di buonsenso e di qualunque compagnia aerea conosciuta.
Ed è il lavoratore il più rancoroso,che guarda con un misto di fastidio ed invidia chi può andare a rilassarsi,e si sente anche un po’superiore rispetto alla madre di famiglia disperata quando si vede obbligata a gettare la bottiglietta d’acqua che serviva per il sostentamento della sua prole.
Ma la cosa più divertente è che ognuno di noi è pronto a vestire i panni dell’uno o dell’altro, pronto a dimenticare di essere stato dall’altra parte della barricata in men che non si dica, in un eterno gioco delle parti.
“La realtà, io dico, siamo noi che la creiamo: ed è indispensabile che sia così. Ma guai a fermarsi in una sola realtà: in essa si finisce per soffocare, per atrofizzarsi, per morire. Bisogna invece variarla, mutarla, continuamente, continuamente mutare e variare la nostra illusione “. Luigi Pirandello